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Sbarbati (Mre): "L'Europa a rischio colonizzazione tecnologica"

Parla la leader dei Repubblicani Europei

 

 

Siamo sempre più' immersi nella realta' digitale che abbraccia e condiziona la societa' fin quasi a governarne il futuro.

L'evoluzione dirompente della tecnologia sta provocando una RIVOLUZIONE di potere e di portata epocale,di certo molto più complessa di quella che l'umanità ha vissuto con l'avvento della stampa e della rivoluzione industriale.

Un nuovo linguaggio, la cui padronanza vera e' ancora patrimonio di pochi, domina la comunicazione sociale dell'uomo, che meccanicamente lo usa senza conoscenza di base, a livelli molto bassi e spesso senza conoscerne il fine o il significato.

Internet, Chatbot di OpenAI, ChatGPT irrompono ogni giorno nelle nostre vite,in ambito lavorativo,socio ricreativo,scientifico,culturale e ci stanno travolgendo. La velocita' del cambiamento del progresso tecnologico e'sempre più' difficile da inseguire per una umanita' che nella stragrande maggioranza non possiede le conoscenze di base necessarie per gestire strumenti e scelte digitali che dovrebbero essere finalizzati a costruire una società più giusta.


L'economia mondiale e' regolata e spesso controllata e diretta dai sistemi digitali, nel mondo del lavoro ormai l'intelligenza artificiale e' in grado di automatizzare attivita' ripetitive ,facendo risparmiare all'uomo tempo e fatica e facilitandogli le decisioni da prendere. Tecnologie ancor più complesse ci permettono di usufruire di assistenti digitali per risolvere velocemente problemi senza fare errori, perché' possiedono capacita'analitico-deduttive puramente razionali.

Tutto e' governato da leggi scientifiche e queste leggi costituiscono la scienza informatica ,che ha un proprio linguaggio,una sua originale declinazione ed e' diventata un fattore fondamentale e determinante per lo sviluppo.
Di tutto questo vortice tecnologico pero' la nostra Europa sembra essere più succube che protagonista ,visto che la Cina ha stanziato nel settore 300 miliardi, gli Stati Uniti 100 miliardi e l'Europa appena 100 milioni. Non parliamo poi del nostro Governo che dispone di un osservatorio sul tema ,ma che e' in forte ritardo nello sviluppo di un programma strategico per l'IA che pero' sta invadendo tutti i settori,tutte le aziende ,tutte le professioni,l'arte,la cultura,la scienza e la ricerca ma non tutte allo stesso modo e allo stesso tempo, perche ' il problema e' la capacita' e la volonta' di investirci.

Il mondo occidentale ha accumulato in questo un colpevole e pericoloso ritardo e si trova sempre piu' debole costretto a dipendere dai paesi asiatici e dagli USA perdendo così la sua storica supremazia culturale e scientifica con conseguenze molto impattanti negativamente sul futuro.

Se fino ad oggi l'automazione e' servita a sostituire i lavori manuali la prospettiva e'che rischia di sostituire in futuro anche i lavori intellettuali 'con la gigantesca potenza di calcolo dei computer,con l'enormità di dati disponibili per essere trattati con algoritmi complessi. Molte professioni saranno compresse,altre spariranno,altre nasceranno e altre ancora cambieranno.
I Sindacati dovranno rimodulare i diritti - doveri dei lavoratori con lo sguardo concentrato sul "lavoro che cambia"e parlare più di formazione continua,mentre le aziende e soprattutto le PMI si dovranno attrezzare per essere competitive per migliorare e aggiornare connettivita',storage e potenza di calcolo delle loro macchine per competere e affrontare il mercato nella globalizzazione.

La POLITICA italiana ed europea,purtroppo, invece di affrontare questa ,che e' la sfida del secolo e mettere in grado i cittadini di gestire e dominare le macchine ,si attarda su inutili e stucchevoli contrapposizioni destra-sinistra ,su pseudo riforme contrabbandate come "coraggiose"e non si cura affatto del macroscopico analfabetismo informatico della popolazione.
Se le macchine fanno ciò per cui sono programmate,sulla base di dati complessi relativi al passato,e le loro funzioni svolte meccanicamente sono analoghe a quelle di elaborazione puramente logico-razionale delle persone,l'inserimento della intelligenza artificiale nei motori di ricerca, che sta già avvenendo, implica un cambio di passo nella organizzazione della nostra conoscenza e dell'apprendimento.


Siamo noi uomini a gestire e istruire queste macchine e il nostro futuro non dovrà essere sotto il loro controllo ,ma quello di progettisti creativi di macchine al servizio di una migliore qualità della vita.
Il rischio che corriamo e' quello di dipendere da Monopoli Esteri che si stanno strutturando, con i quali rischiamo una reale COLONIZZAZIONE TECNOLOGICA che pagheremo a caro prezzo ,nella colpevole mancanza di un quadro legislativo internazionale che regoli l'impiego di queste tecnologie e che ne impedisca il perseguimento di fini malvagi.


Ecco perche' ritengo ormai non procrastinabile l'inserimento dell'INFORMATICA come materia obbligatoria in tutte le scuole secondarie di primo e secondo grado, perché solo chi conosce e' in grado di decidere in liberta',come pure e' indifferibile la realizzazione compiuta del PIANO DI BANDA ULTRA LARGA entro il 2026, recuperando in fretta i ritardi che già si intravvedono, per non restare schiacciati e succubi dell'IGNORANZA, che, come sempre ripeto,e' LA PIU' GRANDE POVERTA'.

 

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Costanza Pera ricorda Ernesto Paolozzi

 

Enrico Morbelli mi ha chiesto di ricordare Ernesto Paolozzi ed è un’impresa, oltre che dolorosa, molto difficile. Ernesto era infatti un uomo di intelligenza vivacissima e di cultura profonda; in modo più appropriato potrebbe ricordarlo uno dei suoi amici filosofi, dell’Università Suor Orsola Benincasa dove insegnava Storia della filosofia contemporanea, oppure dell’istituto degli Studi Storici fondato da Benedetto Croce di cui era stato borsista o, infine, dell’Istituto italiano per gli studi filosofici presso il quale era docente e del cui comitato scientifico era componente. Penso che si potrebbe persino chiedere di ricordarlo ad Edgar Morin, di cui Ernesto era discepolo e amico.

Chi voglia davvero capire la complessità e la profondità del pensiero di Ernesto Paolozzi può trovare su www.ernestopalozzi.it il lunghissimo elenco delle sue pubblicazioni, molte dedicate agli studi su Croce (anche tradotti in russo e in inglese)  e il suo blog personale  aperto da questo esergo: “Niente di grande è stato fatto al mondo senza il contributo della passione”, che in poche parole descrive il lato pubblico e dinamico di uno studioso che cominciò fin dal liceo ad  appassionarsi di pensiero politico liberale in un mondo scolastico e universitario invaso dal dilagare dall’utopia e dall’intolleranza marxista. Forse per questa contrapposizione giovanile Ernesto maturò subito un’adesione alla religione crociana della libertà come indirizzo definitivo della propria esistenza e del proprio sviluppo intellettuale, riuscendo sempre a trovare convincenti risposte di metodo e di merito ai problemi spinosi della realtà contemporanea, nella quale Ernesto era, crocianamente, profondamente immerso.

Ci eravamo conosciuti nei congressi della Gioventù liberale sul finire degli anni Settanta e poi trovati innumerevoli volte nelle riunioni della direzione nazionale, nei convegni, nelle assemblee piene di fumo e passione del Partito liberale e della corrente di Valerio Zanone di cui Ernesto è stato sempre grandissimo amico e sostenitore. Su richiesta di Zanone aveva svolto l’incarico di Direttore scientifico della Fondazione Luigi Einaudi. Era poi stato consigliere comunale a Napoli, animatore di associazioni - ha tra l’altro fondato l’associazione Giovanni Amendola - e di riflessioni sui dilemmi bioetici, la giustizia, la scuola, l’università, l’economia meridionale.

Attivo sulla stampa quotidiana e sulle riviste scientifiche, aveva scritto nel 2007 un libro su “Il Partito Democratico e l’orizzonte della complessità” domandandosi come si sarebbe atteggiato il nuovo partito di fronte alla globalizzazione dei mercati, al degrado ambientale, al confronto con il mondo islamico e aveva intrattenuto un dialogo con il PD. Ma si candidò nel 2018 con Liberi e Uguali, come reazione alla degenerazione del PD locale e come dichiarazione di appartenenza alla sinistra politica. Nel novembre di quello stesso anno ha pubblicato con Luigi Vicinanza un piccolo libro, certamente liberale, estremamente complesso: “Diseguali. Il lato oscuro del lavoro”, che dichiara essere “un’analisi della società strettamente finalizzata all’impegno politico” e nel quale ha riassunto il suo pensiero filosofico e morale e quello politico, con una sintesi della realtà del XXI secolo estremamente lucida ed aggiornata. Sconcertante è qui la sua capacità di mettere in connessione e relazione i suoi filosofi di riferimento per costruire una lettura a molte dimensioni del presente, sempre in coerenza con i punti fermi del liberalismo di partenza, fino a richiamare   Heisemberg e i principi della fisica quantistica a proposito della relazione tra soggetto e oggetto come unica conoscibilità possibile e quindi come sconfitta delle concezioni oggettivistiche e quantitative oppure metafisiche.

Ernesto Paolozzi conclude affermando che “è un dovere morale impegnarsi perché nuove utopie operanti risveglino la fede nell’umanità e si cominci ad agire dove e quando è possibile” e che “tornare alle antiche virtù cristiane  e liberali di cui tanto si è nutrito al suo sorgere il liberalismo democratico, cresciute e fortificatesi attorno al fondamentale concetto del rispetto della dignità e della libertà dell’individuo, tornare alle acquisizioni fondamentali del socialismo che sconfisse la credenza nelle presunte leggi dell’economia in nome della giustizia sociale e della umana solidarietà, è il nostro compito morale, la nostra unica via di salvezza”.  Era convinto che lo sviluppo tecnologico non è destino che condanna alla disoccupazione, alla perdita della dignità e della libertà ma che invece costituisca l’occasione per ridistribuire i profitti e per costruire una democrazia autentica. Un’utopia, lo sapeva, ma che gli appariva l’unica prospettiva per coniugare nel futuro, da liberale, l’etica della convinzione con l’etica della responsabilità ed evitare quei fanatismi e quei cinismi che il Novecento aveva visto prosperare. Il liberale Paolozzi era proiettato nel futuro e di lui dovremo ricordarci.

E non dimenticheremo mai il suo tratto umano eccezionalmente garbato, coinvolgente e generoso che centinaia e centinaia di persone sottolineano in queste ore sui siti di comunicazione intorno ai suoi familiari e ai suoi amici di pensiero. 

     11/04/2021                                                                      Costanza Pera